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8
gennaio 2003 |
Centrafrica: paura per i missionari, due sono lunigianesi |
Sequestarati dai ribelli, che vogliono usarli come scudi umani, una decina di loro sono italiani, due lunigianesi |
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Padre
Adriano Filippi, uno dei missionari sequestrati nel
Centrafrica
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La
colpa: essere testimoni implacabili e mediatori di pace,
opporsi ai saccheggi e alle violenze, gestire ospedali
e centri di assistenza con medicinali e cibo che sono
un ghiotto bottino in un paese devastato dalla carestie
e dalla fame. I ribelli, che nella Repubblica Centroafricana
stanno scambiando colpi di acciaio con l´esercito del
presiddente Felix Patassè, hanno rastrellato
una trentina di missionari, suore e sacerdoti e li hanno
portati nel villaggio di Gofo, dove sorge il centro
agricolo della «Ghirlandina» costruito con fondi e lavoro
di volontari italiani. Le notizie che arrivano dal caos
di questa guerra dimenticata sono confuse: i religiosi
(una decina sarebbero italiani, gli altri polacchi,
francesi e canadesi) servirebbero come scudi umani per
impedire agli aerei libici, alleati con il governo,
di condurre nuovi sanguinosi raid sulla zona controllata
dai ribelli. Secondo le prime testimonianze i rapiti
sarebbero in buone condizioni e non avrebbero subito
violenze. E´ possibile anche che alcuni di loro, che
si trovavano nelle missioni più lontane, in realtà,
siano sfuggiti alla cattura e stiano raggiungendo, faticosamente,
zone più sicure. Tra i sequestrati ci sono sicuramente
cinque capuccini del Centro missionario di San Martino
in Rio in provincia di Reggio Emilia: i modenesi Damiano
Bonori e Norberto Munari, Antonio Triani e Cesare Clerici
originari dela Lunigiana e Innocenzo Vaccari di Casalgrande
di Reggio Emilia. Il lungo martirio della chiesa
del Centroafrica, uno dei paesi più poveri e disperati
del continente, teatro delle truculente follie di Bokassa
patetico, corrotto e feroce imperatore della miseria,
è legato alla rivolta contro il presidente Patassè
. Non è certo una novità per un popolo
angariato dala fame e da sette ammutinamenti negli ultimi
dieci anni. Il governo, corroto e vorace, si preoccupa
solo di controllare le miniere di diamanti; il resto
è lasciato a una penosa anarchia. Soldati e funzionari
non ricevono lo stipendio da due anni; ci si arrangia
con il brigantaggio, la diserzione, la corruzione praticata
con il mitra in mano. A tentare di prendere il potere,
il 25 ottobre scorso, (ma solo per sostituirsi nel lucroso
businnes diamentifero e non certo per occuparsi del
benessere dei concittadini) è stato un ex copo
di stato maggiore, Francois Bozizè, con un gruppo
di devori lanzichenecchi. E´ la nuova piaga dell´Africa:
capitani di ventura con bande di seguaci armati fino
ai denti che cercano di diventare ricchi. Questa volta
l´aspirante signore della guerra ha sbagliato i conti:
il giudizioso Patassè si era circondato di una
guardia pretoriana di libici inviati da Gheddafi e di
miliziani donati da un collega congolese, Jeann Pierre
Bemba signore della guerra congolese che controlla le
miniere del Kivu.
Persa la battaglia della capitale è cominciata
la strage. A distinguersi s
oprattutto i mercenari congolesi che hanno ucciso,
saccheggiato, violentato a colpi di machete. A loro
volta i ribelli, barricati nel nord del paese dove accudiscono
promettenti giacenenti di petrolio, procedevano a una
altrettanto spaventosa catena di vendette. In mezzo
a questo macello la Chiesa ha alzato la voce, denunciando
le colpe dei tutti i contendenti, chiedendo di imbastire
una tregua. Al presidente della commissione episcopale,
Paulin Pomodino, è stato chiesto di svolgere
le funzioni di mediatore. E´ un ruolo che disturba l´arruffato
movimento di interessi loschi che si agitano dietro
la guerra. E´ scattata così la terribile punizione della
chiesa colpevole di non tacere. A Bossangoa, la capitale
dei ribelli, il vescovado è stato saccheggiato
e un sacerdote assasinato; missionari sono stati picchiati,
ucciso un giornalista della radio diocesana, devastati
il centro cilturale e le sedi di due organizzazioni
non governative. A Bozun è stato saccheggioato
il centro dei capuccini. In Africa vedere è un
delitto. |
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